A:
Presidente Giorgio Napolitano – Presidente della Repubblica
E, PER CONOSCENZA:
dott. Donato MARRA, Consigliere di Stato
dott. Alberto RUFFO, Consigliere di Stato (Affari Interni e rapporti con le Autonomie)
Vittorio Capocelli – Prefetto di Treviso
Silvio Berlusconi – Presidente del Consiglio dei Ministri
Raffaele Fitto – Ministro degli affari regionali e autonomie locali
Renato Brunetta – Ministro per la pubblica Amministrazione e l’innovazione
Mara Carfagna – Ministro per le pari opportunità
Angelino Alfano – Ministro della giustizia
Giulio Tremonti – Ministro dell’economia e finanze
Stefania Prestigiacomo – Ministro dell’ambiente, tutela del territorio e del mare
Maurizio Sacconi – Ministro del lavoro, salute e politiche sociali
Giancarlo Galan – Presidente della regione Veneto
Glancarlo Conta – Assessore alle politiche dell’ambiente della regione Veneto
Sandro Sandri – Assessore alle politiche sanitarie della regione Veneto
Stefano Valdegamberi – Assessore alle politiche sociali della regione Veneto
Leonardo Muraro – Presidente della provincia di Treviso
Ubaldo Fanton – Assessore alle politiche ambientali della provincia di Treviso
Barbara Trentin – Assessore alle politiche sociali della provincia di Treviso
Maria Gomierato – Sindaco di Castelfranco Veneto, per tutti i Sindaci del consorzio
Renato Mason – direttore generale U.L.S.S.8
Direttore generale del consorzio azienda Tvtre
Carlo Rienzi – Presidente CODACONS
Castelfranco Veneto, 27 luglio 2009
oggetto: violazione diritti e interessi collettivi dei soggetti disabili
Gentilissimo Presidente Napolitano,
gentili Ministri, gentili Presidenti e gentili Amministratori,
con la premessa che la raccolta differenziata è sicuramente il modo migliore per preservare e mantenere le risorse naturali, a vantaggio nostro e delle generazioni future (infatti differenziare, riusare e riutilizzare i rifiuti, dalla carta alla plastica, contribuisce a restituirci e conservare un ambiente “naturalmente” più ricco), scrivo questa lettera per denunciare un serio problema!
Chiedo che TUTTA questa mia lettera venga letta e desidero vedere come, cosa ed in quanto tempo sia possibile ricevere una risposta e spero che Lei, Presidente, possa intervenire facendo in modo che tutto ciò avvenga nel minor tempo possibile, non solo per me… ma per altri 3 milioni di persone che versano in situazioni “sfortunate”!
Mi chiamo Paolo Berro, ho 32 anni e da 11 mi trovo in carrozzina, tetraplegico (paralizzato dalle spalle in giù) e senza poter muovere nemmeno un dito.
Il 20 giugno 2009 ho inviato un e-mail dal titolo “violazione diritti e interessi collettivi dei soggetti disabili” al difensore civico del comune di Castelfranco Veneto (e per conoscenza al Sindaco ed all’assessore ai servizi sociali dello stesso comune ed al direttore generale dell’azienda sanitaria n.8) esponendo un grave problema, come dallo stesso titolo annunciato.
Il consorzio TVTRE, infatti,con sede a Trevignano (Tv), operante nel settore della raccolta e nello smaltimento di rifiuti in un comprensorio di 25 Comuni della Provincia di Treviso, fra i quali Castelfranco Veneto (mio comune di residenza), per un totale di circa 200.000 persone, ha attivato un cambiamento tariffario (per quanto riguarda le “tariffe domestiche”) e metodologico di raccolta.
La tariffa utilizzata fino al 30 giugno 2009 si chiamava “tariffa presuntiva” perché presumeva, a partire dal numero di componenti della famiglia e dalla superficie dei locali, la produzione di rifiuti di ciascuna utenza. In base alla produzione di rifiuti ipotizzata si calcolava la bolletta.
Dal 1 luglio 2009 è stato giustamente introdotto un nuovo sistema di raccolta e di calcolo, fondato sulla “tariffa puntuale”. Puntuale perché cerca di calcolare nel modo più preciso possibile la quantità di rifiuti prodotti. Questo sulla base dei componenti della famiglia e degli svuotamenti del secco non riciclabile. Con questo sistema ciò che si paga è legato in modo più preciso alla quantità di rifiuti effettivamente prodotta.
La tariffa puntuale si ottiene sommando queste due voci:
– QUOTA FISSA (in base al numero di componenti della famiglia) +
– QUOTA VARIABILE (numero di prelievi e quindi svuotamenti del contenitore del secco non riciclabile x costo del singolo svuotamento)
ottenendo, così, la tariffa complessiva addebitata la famiglia.
C’è da fare un’osservazione: ogni prelievo costa all’utente € 10,99, compresa l’Iva al 10% (che dopo vedremo essere illegittima) ed un contributo del 3% alla provincia (?)!
Questo vorrebbe dire che una persona nella mia stessa situazione È COSTRETTA a dover svuotare il proprio contenitore del secco quanto prima, e cioè una volta la settimana, per una “sola” quota variabile annuale che ammonterebbe a € 571,48!
Sono, inoltre, venuto a conoscenza che il CONSORZIO TVTRE ha approvato il “Regolamento consortile per la disciplina della tariffa per gli utenti in SITUAZIONE DI DISAGIO”.
Tale regolamento prevede, come riportato sul sito del comune di Castelfranco Veneto, “a favore degli utenti chi si trovino in una particolare condizione per reddito e malattia – causa quest’ultima di una produzione anomala di rifiuto secco (pannoloni, sacche per dialisi, cateteri, sacche per alimentazione direttamente in stomaco o per urina/feci per stomatizzati, ecc.) – la possibilità di accedere al servizio c.d. “SOLIDARIETÀ”, GRAZIE AL QUALE la parte variabile della tariffa rifiuti, applicata allo speciale contenitore di rifiuto secco che sarà fornito in dotazione all’utente DISAGIATO , sarà corrisposta nella misura di 1/3 dall’utente stesso e 2/3 dal Consorzio TV3″, a partire dall’1/7/2009.
Ma se l’utente è già di per sé disagiato ed il servizio è di solidarietà… perché lo stesso utente deve pagare più di altre persone più… come dire… “fortunate”? Possibile che nessuno ci abbia mai pensato prima che il servizio cominciasse? Perché i problemi si sono presentati già a servizio avviato e non sono stati presi in considerazione già dalle riunioni informative organizzate questa primavera nei vari comuni?
Il secondo articolo del regolamento consortile porta la seguente dicitura:
Art. 2 – Soggetti interessati dal regolamento
1. Soggetti interessati dal regolamento sono coloro per i quali COESISTONO le seguenti condizioni:
a. sono residenti nei Comuni consorziati;
b. fanno parte di un nucleo familiare costituente utenza domestica;
c. versano in situazione di disagio per condizioni sanitarie, risultanti da certificazione medica, quali, ad esempio, quelle sotto elencate: – persone incontinenti; – dializzati; – stomatizzati; e, in ragione di tale situazione, producono maggiori rifiuti;
d. versano in situazione di disagio per condizioni di reddito ovvero qualora il nucleo familiare abbia un indicatore di situazione economica equivalente (ISEE) non superiore a quello previsto dall’ “Assegno di cura” (ISEE non superiore a € 15.291,91) di cui alle DGRV n. 39 del 17.1.2006 e DGRV n. 4135 del 19.12.2006 e successivi adeguamenti o altro indicatore ISEE determinato univocamente dall’Assemblea consortile;…
Lo stesso difensore civico, l’avv. Folliero, il 29 giugno 2009 spedì una comunicazione con Prot.n.20/Gab.dif.civ al Sindaco ed all’assessore alla sanità e politiche sociali del comune di Castelfranco Veneto, al direttore generale dell’azienda sanitaria n.8 ed al Presidente ed al direttore del consorzio Tvtre spiegando che il suo intervento era ritenuto necessario e formalmente legittimo perché nella fattispecie i soggetti interessati sono i disabili gravi e le loro famiglie, chiedendo una risposta sollecita ed un incontro per capire quale poteva essere una soluzione possibile, parlando anche di “gesto di solidarietà”… (il problema non è comunque stato ancora risolto)
Un bel pensiero da parte del difensore civico… ma chiedo a tutti di continuare con la lettura e dirmi poi se alla fine dobbiamo parlare di solidarietà o di diritti del malato!
Un altro quesito mi lascia molto perplesso: perché si deve ancora pagare l’Iva del 10% sulla tassa dei rifiuti?
Una sentenza della Corte di Cassazione, in linea con l’orientamento comunitario, ha stabilito che il corrispettivo che i cittadini devono pagare per la raccolta e smaltimento dei rifiuti è una tassa e non una tariffa. Se fosse una tariffa l’Iva sarebbe applicabile, ma essendo una tassa questo non è legittimo!
Afferma infatti la Corte: “Gli atti con i quali i gestori manifestano la pretesa creditoria hanno natura intrinseca di atti amministrativi. Ne discende che gli stessi devono possedere tutti i requisiti fondamentali dei provvedimenti impositivi e, segnatamente, la motivazione che giustifica la richiesta di pagamento del gestore“. Sarebbe quindi legittimo chiedere tutti il rimborso dell’Iva dal 1998 ad oggi…!
Ma soprattutto: se proprio proprio bisogna applicare una tariffa “illegittima” in quanto viene aggiunta l’Iva… perché alle persone con certificato di invalidità, come succede già per le prestazioni e gli ausili, non viene applicata l’Iva al 4%? Nessuno ci ha pensato?
Dopo il mio incidente in auto, dopo 82 giorni in rianimazione e 10 mesi in clinica riabilitativa, una volta tornato a casa ho deciso di non perdermi d’animo e di darmi da fare, non accontentandomi della misera pensione sociale per non pesare sulle spalle dei contribuenti.
Ho ripreso gli studi di ingegneria meccanica interrotti a causa dell’incidente e grazie al Politecnico di Torino mi sono laureato in ingegneria meccanica nel 2004 e sono stato il primo studente italiano a sostenere gli esami da casa in videoconferenza. Nel 2007 ho conseguito la seconda laurea in ingegneria logistica e della produzione. Dal dal 2001 collaboro e lavoro con wind telecomunicazioni. Nel precedente Governo Berlusconi sono stato membro della Commissione interministeriale voluta dal ministro dell’innovazione delle nuove tecnologie per la stesura della legge 4/2004 relativa all’informatica nelle pubbliche Amministrazioni a favore delle categorie deboli ed ho partecipato al tavolo tecnico presso il CNIPA per la stesura del suo regolamento tecnico ed attuativo. Nel precedente Governo Prodi ha fatto parte della Commissione disabilità e barriere architettoniche presso il ministero dei beni culturali, partecipando alla stesura del libro bianco sulle barriere architettoniche nei siti archeologici e museali.
Ho costruito e brevettato una carrozzina per disabili adatta agli spostamenti in auto e dal 2008 ho partecipato a tavoli tecnici sulla disabilità presso la Prefettura di Treviso.
Per tutto questo, per l’impegno nel sociale, per meriti filantropici sono stato nominato nel 2006 dal Presidente Ciampi Cavaliere al merito della Repubblica, con l’invito a perseguire nella mia lotta per garantire i diritti alla categoria dei disabili! Allo stesso Presidente Ciampi ho promesso che andrò avanti finché potrò in questa lotta e così sto facendo!
Ora ci stiamo trovando davanti ad un problema molto serio! Stiamo cercando di capire se le persone disabili, le persone malate, le persone anziane… debbano ricevere dallo Stato conforto, aiuto, supporto, assistenza… oppure se, a causa della loro situazione, debbano essere (papale papale) cornuti e mazziati!
Il NOMENCLATORE TARIFFARIO è il documento emanato dal Ministero della Salute che stabilisce la tipologia e le modalità di fornitura di protesi e ausili a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Il Nomenclatore Tariffario attualmente in vigore (considerato ormai obsoleto da qualsiasi associazione di categoria) è quello stabilito dal DM 332 del 27/8/1999 pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale del 27/9/1999 (“Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe”).
Esso è costituito da tre parti:
– Il testo del Decreto, che stabilisce le normativa per la prescrizione e la fornitura;
– L’allegato 1 (a sua volta articolato in tre elenchi – elenco 1, elenco 2 ed elenco 3) che stabilisce tipologie e caratteristiche delle protesi, delle ortesi e degli ausili ammessi alla fornitura a carico del Servizio Sanitario Nazionale;
– L’ allegato 2, che per le varie classi di prodotti stabilisce le condizioni di rinnovo, fornitura e garanzia.
Parliamo ora del mio caso: tetraplegia. Questa patologia implica una serie di problemi seri dovuti a: incontinenza urinaria e fecale, problemi di piaghe da decubito, problemi respiratori, problemi cutanei, infezioni urinarie ed intestinali ecc…. I presìdi che vengono erogati dal servizio nazionale sono: cateteri monouso (ne utilizzo quasi sempre cinque al giorno), teli e pannoloni per le feci (dovendo scaricare a letto), garze sterili per disinfettare, guanti sterili, prodotti per curare le piaghe da decubito, ecc…. Per non parlare delle creme, delle pomate, degli antibiotici e medicinali per curare le infezioni ordinarie frequenti, i problemi intestinali ecc….
Questi sono alcuni dei problemi relativi alle persone con la mia stessa patologia… bisognerebbe poi parlare degli anziani, dei pazienti stomatizzati, in dialisi, con protesi, assistiti a domicilio… ecc…. Quanti rifiuti extra ci sono? Avete un’idea?
Si arriva a produrre una serie giornaliera di rifiuti che, se si aspettasse di riempire l’intero contenitore per rifiuto “secco”, con l’andar del tempo si creerebbe una bomba batteriologica incredibile e, credo, pericolosa!
In quel caso di chi sarebbe la responsabilità?
Vi ricordo che il decreto legislativo n.22 del 1997 riporta anche che:
“1. La gestione dei rifiuti costituisce attività di pubblico interesse ed è disciplinata dal presente decreto al fine di assicurare un’elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci, tenendo conto della specificità dei rifiuti pericolosi.
2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all’ambiente e, in particolare:
a) senza determinare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo e per la fauna e la flora;
b) senza causare inconvenienti da rumori o odori;
c) senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati in base alla normativa vigente.”
Nel mio caso, io usufruisco di un servizio cosiddetto “ADIMED” e cioè di assistenza domiciliare integrata medica. Ciò vuol dire anche che posso utilizzare di servizi a domicilio garantito dal sistema sanitario nazionale e di presìdi medici che lo Stato mi fornisce in quanto bisognoso di cure ma che poi, per lo smaltimento degli stessi sono obbligato a pagare!
Non è assurdo, Signor Presidente? Non c’è da rivedere “qualcosa”? Se, paradossalmente, dovessi pagare per la mia salute e per le mie cure fino ad “annientare” il mio reddito, Lei non crede che, forse, mi converrebbe uscire di casa e farmi ricoverare in un Centro a spese del sistema sanitario nazionale?
Credo che, per le persone con grave malattia o disabilità, poter usufruire dei servizi socio-sanitari e socio-assistenziali sia prima di tutto un diritto e ciò non deve diventare motivo di impoverimento della propria famiglia o della persona! Per non parlare (e non so se questo lo sapete) che per la fornitura dei presìdi medici bisogna rinnovare trimestralmente la richiesta con ricetta medica… secondo voi ha senso questo? Non potrebbe, forse, essere automatizzato questo passaggio?
Vorrei segnalare, come per il caso del consorzio Tv3 (supportato dalle Amministrazioni comunali di tutto il bacino di utenza coperto) , l’illegittimità in tutta Italia di richieste economiche a carico dei familiari di persone con disabilità per contribuire a servizi di vario tipo!
Sono infatti molte le Amministrazioni che applicano criteri diversi di calcolo dell’ISEE per determinare la partecipazione alla spesa dei servizi! Partecipazione?????
Si tratta di un indicatore tramite il quale si voleva introdurre un sistema di misurazione della ricchezza in modo “equo” (?).
L’ISEE infatti, nel valutare la ricchezza degli utenti, prende in considerazione redditi e patrimonio e tiene conto della diversa composizione del nucleo familiare e delle sue peculiari caratteristiche.
Molte Amministrazioni comunali includono automaticamente tra le entrate reddituali anche le provvidenze economiche di tipo assistenziale dei soggetti disabili o malati (pensione di inabilità, assegno di assistenza, indennità di frequenza, indennità di accompagnamento)… si tratta di una prassi assolutamente illegittima proprio alla luce della normativa Isee che parla di reddito complessivo ai fini IRPEF e soprattutto moralmente aberrante in quanto si considera reddito ciò che in realtà è un sussidio che lo Stato riconosce proprio in virtù della invalidità e delle difficoltà di integrazione e in virtù delle maggiori spese che le persone disabili sono costrette ad affrontare a causa della loro situazione di svantaggio!
Infine la grande parte delle stesse Amministrazioni non applica il princìpio introdotto dall’art. 3 del Decreto Legislativo 130/2000, che ha modificato l’art. 3 del Decreto Legislativo 109/1998, in base al quale, per le persone con handicap grave che accedono a prestazioni sociali nell’ambito di percorsi di natura sociosanitaria, si deve prendere in considerazione la situazione economica del solo assistito!
Data la vastità e complessità del territorio è difficile avere una fotografia nitida della situazione, ma quello che è certo è che a seconda del Comune di residenza i cittadini sono sottoposti a richieste economiche molto differenziate, pur facendo riferimento a servizi molto simili loro.
Una situazione di discriminazione che voglio denunciarLe con forza, invitandoLa a fare in modo che le Amministrazioni Comunali rivedano le proprie delibere e i propri regolamenti, attraverso delle linee guida ben definite, affinché siano rispettose della legge e dei diritti delle persone con disabilità, non facendo pesare sulle loro tasche ciò che sarebbe un loro diritto.
Sempre in tema di ISEE, con la Legge 67 del 1 marzo 2006, riguardante “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, è entrata in vigore una nuova normativa che risponde a precise direttive dell’Unione Europea, tendente a promuovere la piena attuazione dei princìpi di parità e delle pari opportunità nei confronti delle persone disabili, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali, che però a volte viene fraintesa!
Proprio in riferimento a questa normativa mi piacerebbe sapere se il Governo ritiene opportuno attivarsi affinché divenga un dovere delle Amministrazioni, e non una semplice facoltà, quello di capire che il fatto di definire un servizio senza essere legati al reddito ISEE diventerebbe una misura volta, nel suo insieme, a rendere qualitativamente migliore la vita e a tutelare il diritto alla piena dignità dell’esistenza dei propri cittadini disabili.
Durante una riunione in Commissione interministeriale con l’On. Guidi, alla quale partecipai anch’io presso il Parlamento, ci fu concordia sul fatto che la disabilità è uno svantaggio tale da compensare qualsiasi valutazione in tema di Isee!
Quando si parla di Isee (indice di situazione economica equivalente), di solito lo si applica ai disabili che hanno un reddito superiore (ovviamente) al minimo vitale e quindi, ammesso e non concesso che le persone normodotate possano sopravvivere con il cosiddetto “minimo vitale”, questo non è assolutamente possibile per chi ha una grave disabilità.
I costi per chi convive con una grave disabilità sono infatti enormi, e superano significativamente la cifra contemplata dal minimo vitale… Non tenere conto di questo fatto significa o non conoscere per niente la materia o non essere in buona fede!
Inoltre l’applicazione dell’Isee in relazione al minimo vitale crea una discriminazione fra disabili e normodotati, e quindi viola l’art. 3 della Costituzione, oltre a contrastare con la legge n. 67 del 2006!
Il fatto è che una persona normodotata con un reddito mensile diciamo così “normale” a fine 2007, e cioè intorno a € 1.000, si trova a poter spendere tutta questa somma per le proprie normali esigenze di vita. Viceversa, applicando il discorso del minimo vitale e dell’Isee, una persona disabile, che lavora e che ha lo stesso reddito mensile ipotetico di € 1.000 del compagno di lavoro, si trova a dover spendere una parte significativa di tutto ciò per le spese connesse con la disabilità.
In altre parole, la persona disabile svolgerebbe lo stesso lavoro del collega normodotato e percepirebbe la stessa retribuzione, però nella realtà si troverebbe a disposizione, per le proprie normali esigenze di vita, una somma nettamente inferiore; ciò andrebbe a violare chiaramente l’art. 3 della Costituzione, e contrasterebbe con la legge n. 67 del 2006, perché lo costringerebbe ad usufruire di un reddito effettivo nettamente inferiore a quello di una persona normodotata, che svolge lo stesso lavoro.
La normativa nazionale in tema di Isee e disabilità va inoltre a scontrarsi con il princìpio di ragionevolezza imposto dal co. 1 dell’art. 3 della Costituzione: detta normativa prevede un quoziente maggiore per il calcolo dell’Isee nel caso di presenza di una persona con handicap, dunque, sotto questo profilo, è rispettato il precetto costituzionale di regolamentare in maniera diversa situazioni oggettivamente differenti!
Il punto è, Signor Presidente, che il precetto costituzionale sull’uguaglianza non è interamente soddisfatto se ci si limita a regolamentare in maniera differente situazioni oggettivamente diverse!
Cioè a dire che la Costituzione impone il fatto che la diversità di trattamento (di situazioni differenti) deve essere ragionevole. Si tratta di una questione così importante che questo della ragionevolezza è uno dei parametri maggiormente utilizzati dalla Corte costituzionale nelle proprie decisioni.
E’ chiaro che è molto discutibile stabilire la linea di confine precisa tra ciò che è ragionevole e ciò che non lo è. Tant’è vero che è stato scritto che, quando viene utilizzato il parametro della ragionevolezza, il giudizio di legittimità della Corte costituzionale si avvicina di più a quello di merito.
Ed ecco perché la Corte molto spesso dice ciò che non è ragionevole, aggiungendo che spetta al legislatore stabilire con precisione dove porre la linea di confine.
Ciononostante, pur non potendo sempre stabilire con precisione ciò che è ragionevole sotto il profilo della legittimità, ci sono dei casi in cui la non ragionevolezza della diversità del trattamento è macroscopica.
A mio parere, uno di questi casi è l’applicazione dell’Isee a tutte quelle prestazioni destinate ai disabili dove questo indicatore venga richiamato.
Infatti i decreti legislativi in materia prevedono un quoziente diverso in presenza di una persona disabile.
Il fatto è che questo quoziente è stabilito in maniera tale per cui il maggior costo derivante dalla disabilità viene equiparato alla presenza in famiglia di 1.6 figli in più!!!
Chi conosce, anche in maniera non troppo approfondita, l’argomento disabilità capisce benissimo che i maggiori costi ad essa legati sono molto, ma molto maggiori.
Ad esempio, si può ragionevolmente sostenere che, per adempiere al precetto costituzionale di garantire a tutti la concreta possibilità di esercitare le libertà inviolabili e di non limitarsi alla mera sopravvivenza fisica, in presenza di un handicap grave i maggiori costi, anche soltanto per le prestazioni di assistenza personale, possono essere equivalenti a quelli che si devono sostenere quando ci sono da mantenere 10 figli.
Viceversa l’attuale normativa per l’Isee ai disabili fissa detto maggiore costo in 1,6 figli.
Dunque, anche sotto questo profilo, va sostenuto che detta normativa è costituzionalmente illegittima.
Seguendo questo ragionamento risulterebbe sostenibile che, portando il quoziente per la disabilità maggiorato, ad esempio, a 5 punti, allora l’Isee sui disabili diventerebbe ragionevolmente e costituzionalmente legittimo!
Sotto questo profilo la conclusione potrebbe essere corretta. Sennonché, utilizzando un quoziente pari a 5, l’Isee diventerebbe applicabile a pochissimi disabili, forse a 1 su 100.000.
E quindi sarebbe irragionevolmente costoso ed in contrasto anche con il princìpio costituzionale (art. 97) di buon andamento ed efficienza della pubblica Amministrazione, sottoporre centinaia di migliaia di cittadini disabili al controllo dell’Isee, per poi poterlo applicare soltanto a qualcuno di loro!!!
L’attesissima legge 162 del 1998 riconosce, ottimo proposito, il DIRITTO ALLA VITA INDIPENDENTE delle persone con disabilità, attraverso il finanziamento (voucher) di progetti di aiuto alla persona gestiti direttamente dagli interessati sulla base di piani personalizzati, il cosiddetto “PROGETTO VITA INDIPENDENTE“, per l’attuazione di progetti di assistenza personale autogestita: la persona con disabilità, sulla carta, propone e gestisce il proprio piano personalizzato di assistenza per la vita quotidiana attraverso regolare assunzione di personale con cui non ha legami di parentela.
Il progetto si rivolge ad adulti fino a 64 anni con grave disabilità fisico motoria, con invalidità civile al 100% ed indennità di accompagnamento, ed offre un finanziamento di massimo € 1.000 al mese, in base ad una graduatoria, ed utilizzando fondi stanziati dalla Regione .
Ciò che caratterizza il progetto è la richiesta di una nuova modalità di servizio alle persone che si differenzi dalle forme assistenziali tradizionali, in quanto il disabile viene considerato come soggetto protagonista delle scelte sulla propria vita. In particolare egli può scegliere da chi, come e quando farsi aiutare. In sostanza avere “piena libertà”, nonostante la disabilità.
La base fondamentale per la “Vita Indipendente” è quindi l’assistente personale, cioè una persona che il disabile possa assumere con un regolare contratto di lavoro, concordando gli orari e le mansioni, la retribuzione e gli oneri assicurativi e previdenziali. Un’assistenza personalizzata e nella propria abitazione, “non più negli istituti”. Dove già sono stati attuati progetti di questo genere sono le Regioni a mettere a disposizione i fondi e i disabili possono fare la propria richiesta alla Asl di appartenenza che provvede a stilare una graduatoria…
Ora… parliamo di graduatoria, parliamo di massimo € 1000 al mese… ma allo stesso tempo parliamo di VITA INDIPENDENTE e di una persona assunta con regolare contratto di lavoro… ma qualcosa non torna!
A Voi, così lontani da queste problematiche (e per fortuna!), non sembra una presa in giro?
Parliamo del disabile di prima, che guadagna € 1000 al mese, deve mantenersi, deve mantenere un’auto, un’abitazione… deve contribuire ai servizi di assistenza comunali, deve pagare più del vicino di casa normodotato per il servizio di raccolta rifiuti (solo perché disabile), si ritrova completamente non autosufficiente e con massimo altri € 1000 mensili dovrebbe riacquistare la sua vita indipendente?
Ma non prendiamoci in giro! Chiamiamolo “PROGETTO VITA IL MENO DIPENDENTE POSSIBILE” casomai…!!!
Quanti disabili pensate, purtroppo, possano tornare indipendenti?
E perché, se vogliamo parlare di autonomia (sbagliando), non diamo la possibilità a tutte queste persone svantaggiate di poter detrarre non solo i contributi per la messa in regola di una badante, ma di detrarne l’intero stipendio o “ingaggio”?
Quasi un milione di famiglie, per l’esattezza 950.000, hanno badanti irregolari ed il risultato di uno studio dell’Adoc, dice che il 14% della popolazione italiana ha piu’ di 75 anni che in gran parte hanno bisogno di assistenza a tempo pieno o part-time. Una gran parte ha necessita’ di assistenza anche di carattere infermieristico. Questo, a Stato e Regioni costerebbe circa 45 miliardi di euro se fosse svolto in strutture del sistema sanitario nazionale o da personale specialistico dipendente dalle ASL per l’assistenza domiciliare, ma ora viene svolto invece per circa 700 euro al mese dalle badanti. In Italia le badanti occupate hanno raggiunto la cifra record di circa 1.600.000, in gran parte provenienti dai paesi dell’est europeo.
Solo 650.000 sono regolarizzate. Su 950.000 famiglie che hanno badanti irregolari piu’ della meta’ delle famiglie sarebbe disposta a regolarizzare la posizione se fossero previsti incentivi o detrazioni fiscali per la messa in regola.
Per le famiglie il lavoro delle badanti è prezioso anche in termini economici, in quanto permette un risparmio considerevole allo Stato.
Considerato che il costo di una degenza nelle case di riposo, e’ di circa € 26.000 annui a persona e a questi vanno aggiunti i contributi e le integrazioni che deve pagare la famiglia che possono arrivare anche a € 18.000.
È un’offesa per i 3 milioni di disabili in Italia sapere che un imprenditore può assumere del personale, anche se, magari, solo per le pulizie, e detrarne completamente, oltre che i contributi, l’intero stipendio mentre il povero disabile, per l’assunzione di una badante, può dettarne solamente i contributi!
Parliamo di pari opportunità?
Detto questo, Carissimo Presidente, Le chiedo e mi chiedo se nel prendere le decisioni che già sono state prese siano state consultate le associazioni dei malati, disabili o comunque di categoria…
I disabili sono stanchi di essere presi in giro e caricati di ulteriori problemi, oltre a quelli che già hanno! Molti non hanno la forza di reagire a tutto ciò, di alzare la voce, di denunciare… io “purtroppo” si! E questo per alcuni politici risulta essere “un problema“, non un fattore di crescita!
Le faccio un esempio e Le chiedo questo: perché un disabile come me, impossibilitato a muoversi se non grazie all’aiuto di altre persone, deve per forza recarsi ai servizi sociali o comunque alla sede del proprio comune per comunicare e discutere con le Amministrazioni? I cosiddetti “servizi sociali” non dovrebbero essere un servizio alla società? O devono solo contribuire ad un ulteriore aumento delle problematiche a chi già ne ha?
In Italia più di 3 milioni di persone vengono chiamate “disabili“… questo però non vuol dire che siano stupide!
Perché nelle commissioni che devono “decidere”, anche della vita di persone non autosufficienti, non viene inserita la figura di un rappresentante per ogni categoria di disabilità? È forse troppo scomoda? Lei cosa ne pensa?
Per quella che è la mia esperienza, reputo una cosa molto grave non dare parola e potere decisionale anche agli stessi disabili. Solo chi è all’interno di una problematica e la vive in modo serio può capire di cosa sta parlando!
Con la presente lettera, quindi, vorrei suggerire a tutti:
-
che si prenda atto di quanto scritto e che si cerchi il prima possibile una semplice soluzione, in tutta Italia, ai vari problemi citati, evitando di penalizzare quelle persone disabili che, non senza difficoltà, vogliono pensare ad un proprio futuro e riescono a costruirsi condizioni di vita ragionevolmente e costituzionalmente “normali”, garantendo che una congrua parte del loro reddito rimanga a disposizione della persona e della famiglia, per le proprie esigenze di vita e di autonomia, Questo, semplicemente, correggendo il “famigerato” ed incostituzionale indicatore di situazione economica equivalente (ISEE)!
-
La costituzione di una commissione permanente sulla disabilità, composta da un rappresentante per ogni tipologia di disabilità/malattia/patologia, che abbia possibilità di veto su proposte, leggi, ecc… qualora queste possano essere considerate dalla stessa “ingiuste”.
-
L’abolizione e la restituzione dell’Iva del 10% sulla tassa sui rifiuti ad ogni cittadino e, nel caso questa illegittimità non possa essere corretta, almeno l’introduzione dell’Iva al 4% per le persone invalide!
-
… di invitare a parlare di “solidarietà” solo quando c’è un aiuto effettivo e non un ostacolo!
-
Ultimo, ma non in ordine d’importanza: aumentare la sensibilità di tutti coloro che ci governano, pensando prima ai problemi e non cercando soluzioni palliative quando è troppo tardi! È infatti notizia di qualche giorno fa che i Comuni serviti dal consorzio Tvtre vogliono attuare una sorta di “sondaggio” per “capire” quante siano le famiglie colpite (cioè quelle che già stanno protestando) per poi, nel 2010(!), rivedere le tariffe… Per il momento, però, tutti devono pagare!!!
C’era un vecchio detto che diceva: ”noi siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo.”
Ciò che la politica sta facendo a volte non mi fa dormire. Voi continuate a dire che siete attenti a questa o a quella problematica… ma io Vi chiedo: per favore, fate che le Vostre azioni riflettano le Vostre parole!
Non vorrei essere considerato il solito “rompiscatole”, come a volte succede quando segnalo alle Amministrazioni carenze, malfunzionamenti, disguidi, ecc… bensì come un “normale cittadino” attento a bisogni, esigenze e diritti, propri ed altrui!
Paradossalmente, mi viene da concludere con il sorriso(mica tanto): se il costo per lo smaltimento dei presìdi medici che lo stesso sistema sanitario fornisce fosse maggiore del prezzo per l’acquisto degli stessi… tanto varrebbe non utilizzarne più, farsi ricoverare in strutture preposte pesando molto di più sulle casse dello Stato o, addirittura, morire!
Cordiali saluti e, voglio sperare, a presto!
Cav. Ing. Paolo Berro
(firma omessa in quanto impossibilitato a sottoscrivere poiché tetraplegico)
Paolo Berro
Via Antonio Vivaldi 18
31033 Castelfranco Veneto (Tv)